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Il CATALOGO  -  book

            Città di Valmontone

     Il Museo L’officina di Valmontone

 
               FEDERICO PATELLANI

                     ' VALMONTONE 1945 '

          PALAZZO  DORIA  PAMPHILJ 

                     DI   VALMONTONE

              DAL  20 SETTEMBRE  2003 

                  AL  31 NOVEMBRE  2003

La mostra:  circa 100 immagini  inedite realizzate dal grande fotografo Federico Patellani, un reportage dove racconta il periodo dell'immediato dopo guerra (1945) in Italia. In particolare  la ricostruzione  della città di Valmontone distrutta completamente dai bombardamenti alleati  per la liberazione di Roma. Un esempio di volontà e coraggio per l'intera nazione.
 

        COME ARRIVARE  A VALMONTONE

                                                                     

                                                              VALMONTONE  E  PATELLANI

Chi sono questi italiani? Nostri  fratelli, nostri padri, nostre madri o alieni venuti da un pianeta di rovina e polvere?C’è il filo steso in casa, pochi panni immobili e bianchi, una donna e un bambino fermi nella luce che precipita nella stanza. Fuori macerie, rumore, buchi di pallottole, voragini di bombe, segni di carri  armati. La guerra. La guerra degli Alleati contro i tedeschi, l’attacco sferrato per rimuovere uno degli ultimi ostacoli che impedivano di arrivare a Roma. Lazio, Valmontone, 1944. Un paese uscito distrutto dalla guerra: morti, feriti, pianti. E vite dimenticate, soffiate via dagli eventi, dalla Storia che sempre polverizza, divora. Le immagini di Federico Patellani restituiscono vicende alle nostre spalle, di sicuro sempre meno conosciute: chi, tra i giovani, sa che cosa sia  stata quella guerra, la Seconda guerra mondiale? Chi sa per chi sono morti tanti italiani? C’è la testiera di un letto in ferro, in una fotografia, e una bambina scalza che sorride spaventata. Poi una cesta, un sacco rotto o tagliato, qualche pannocchia di granturco. Oggetti salvati dalla furia, la speranza di una vita che potrebbe ricominciare. Quella bambina, così diversa dalle bambine di oggi, forse è ancora viva. Sempre, guardando foto del passato, viene in mente che dentro l’immagine c’è vita che scorre. In quel momento, mentre la magia – è una magia – della “scrittura con la luce” ferma un viso, un muro con il suo brulichio d’erbe, un asino che trascina un carretto, sempre viene voglia di indovinare il dopo: che ne è stato di quegli occhi, dei sorrisi, delle malinconie che traspaiono da un volto. Valmontone, Italia. Italia centrale, Italia profonda, rude e gentile. Il respiro della vicina Roma pare lontano, in questa campagna bruciata dalle bombe. Che cosa comunica, a noi italiani di oggi, questo paese percosso, ma forte, capace di rinascere? Le foto di Patellani – certo, stiamo parlando di uno dei più grandi fotografi del secolo passato – non sono estetiche: sono belle di senso, non ricercate, non studiate. Non c’è sofisticazione nei volti dei contadini, nell’insieme delle immagini. C’è cultura, c’è la storia sedimentata di un modo di vedere, di uno sguardo che comprende e trasforma, che parla e commuove. Valmontone potrebbe essere ovunque, la guerra potrebbe essere ovunque:  Cecenia, Iraq, Medio Oriente… Ma questo cielo, questa gente, questo Lazio hanno avuto il loro momento nella linea conclusa del passato: ed ecco che quel tempo si annulla, e abbiamo di fronte noi stessi molti anni prima. Ci possiamo guardare, grazie a Patellani, con curiosità e indulgenza, con tenerezza, perfino con nostalgia. Senza rimpianti per un’Italia che fu, uscita a pezzi dalla guerra, che poi però ha saputo costruire la democrazia e ha ormai cominciato – per fortuna – a fare i conti con il passato senza furori ideologici. La Valmontone di Patellani racconta tutto questo, a chi sa ascoltare. Perché le fotografie parlano, piano piano:  anche quando c’è il rumore delle bombe sullo sfondo, e la polvere delle macerie è attraversata dalle urla, dalle disperazioni. Guardiamole, queste foto. Può darsi che nasca la curiosità di sapere di più su quel periodo, sulla guerra che ci ha liberato. Sui morti inutili – come in tutte le guerre – sulle spietatezze, gli eroismi piccoli e grandi persi nella memoria. Guardiamo Valmontone oggi, nella civile Italia, in uno dei territori più belli e carichi di passato del mondo intero. Guardiamo e riflettiamo: in fondo, è un dovere che la nostra intelligenza ci chiede

 Antonio Bozzo    


 
 

 

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